19 novembre 2014 – Dopo Bahrain e Russia, è il turno degli Emirati Arabi Uniti, Paese sede del prossimo appuntamento della Formula 1. Il circus torna in Medio Oriente e puntuali le varie organizzazioni umanitarie evidenziano che la realtà non è così rosea come quella riservata ai protagonisti del paddock.
“Qui non c’è libertà”, titola in questo caso il rapporto di Amnesty International, che si propone di squarciare il velo sulle violazioni dei diritti umani negli EAU “che sono largamente ignorate dal mondo” e che vengono fatte risalire, si legge su amnesty.it, al marzo 2011, “a seguito di una petizione sottoscritta da 133 persone in favore di riforme politiche, tra cui il diritto di voto per eleggere il parlamento. Più di 100 firmatari sono stati processati per minaccia alla sicurezza nazionale o reati informatici. Oltre 60 di loro sono stati condannati a pene fino a 14 anni“.
Hassiba Hadj Sahraoui,vicedirettrice del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International, ha dipinto gli Emirati come uno “stato profondamente repressivo” che “dietro una facciata sfarzosa e scintillante, nascondono la natura repressiva delle proprie istituzioni nei confronti di attivisti che è sufficiente postino un tweet critico per finire nei guai“, si legge sul sito italiano dell’organizzazione. “Milioni di spettatori di ogni parte del mondo vedranno il Gran Premio di Abu Dhabi, nella maggior parte dei casi ignorando com’è fatta la vita di ogni giorno degli attivisti degli Emirati Arabi Uniti anche a causa del silenzio della comunità internazionale, che preferisce gli affari alla difesa dei diritti umani”.
Amnesty International denuncia l’arresto e in alcuni casi la tortura di attivisti critici del governo, oltre alla mancanza di imparzialità e indipendenza del sistema giudiziario e chiede misure immediate: ”Gli Emirati Arabi Uniti“, ha concluso Sahraoui, “non possono proclamare di essere una nazione progressista o vantarsi di far parte del Consiglio Onu per i diritti umani e un partner economico di livello internazionale e contemporaneamente chiudere in carcere chi si limita a esprimere pacificamente le sue idee. Le autorità devono mostrare il loro reale impegno verso i diritti umani attraverso misure rapide e concrete e non giri di parole che servono solo a oscurare la spietata repressione interna“.
FP | Matteo Sala
@ofux1