Filippo Zanier
Buone notizie per i colori italiani arrivano dalla gara finale WEC del Bahrain. Gianmaria Bruni e la Ferrari della AF Corse si sono laureati campioni del mondo 2014. Ma andiamo con ordine.
A garantire il brivido finale ci ha pensato Sebastien Buemi quando, a 20 minuti dalla bandiera a scacchi e con la vittoria saldamente in mano, ha comunicato ai box di sentire vibrazioni sempre più fastidiose al posteriore. Alla fine, però, la TS030 ha retto e per lo svizzero, Stéphane Sarrazin e Anthony Davidson è arrivata la prima vittoria dell’anno, alla fine dei conti la prima anche per la Toyota perché davvero non può contare il successo ottenuto nella farsa del Fuji. Una bella soddisfazione per i giapponesi che, dopo aver dominato nelle qualifiche, in gara avevano visto assottigliarsi il vantaggio sulle Audi R18, più a proprio agio con gli pneumatici man mano che la sera avanzava e le temperature scendevano.
Così, nel box Toyota la prima parte di gara è stata vissuta in modo abbastanza teso. Dopo un buon via infatti, le due TS030 viaggiavano in testa in tandem, con Lapierre davanti a Buemi, ma l’Audi guidata prima da Tom Kristensen e poi da Loic Duval, sembrava riuscire a mantenere un distacco risicato, appena una quindicina di secondi dopo due ore di gara. Se la preoccupazione serpeggiava già, al box della Casa del Sol Levante hanno inziato a sudare freddo quando, al 57° giro, la LMP1 guidata da Alexander Wurz si è ammutolita a bordo pista, parcheggiata in uscita box dal pilota austriaco che è sceso contrariato. Guasto al motore o al cambio, e facce preoccupate per un destino che sembrava farsi beffe dell’impegno del team, come già successo a Shanghai.
Alla fine però, la sorte ha tenuto a pareggiare i conti e quasi a metà gara, al 93° passaggio, anche l’Audi più competitiva si è ammutolita. Sotto gli occhi di Kristensen e Allan McNish ai box, Duval ha parcheggiato poco dopo il tornantino con uno strano rumore proveniente dal retrotreno e il cambio che non ne voleva sapere di fare il suo lavoro. 1 a 1 e palla al centro quindi, ma in casa Audi l’elemento determinante, purtroppo al contrario, è stato Marcel Fassler. Di nuovo l’anello debole del proprio equipaggio, il pilota elvetico si è dimostrato incapace di girare anche soltanto vicino ai tempi della Toyota superstite e accumulando un distacco di oltre 30″ in poche tornate. Non contento, ha poi superato una vettura GTE in regime di bandiere gialle, prendendosi uno stop and go che ha posto fine alle speranze di Ingolstad nonostante gli sforzi di André Lotterer e Benoit Treluyer, alla fine secondi al traguardo.
La moria di LMP1 (anche la Rebellion di Andrea Belicchi ha abbandonato per un cedimento del motore Toyota) ha permesso alla migliore delle LMP2 di salire sul podio assoluto, soddisfazione rara che è andata all’Oreca-Nissan della G-Drive guidata da John Martin, Mike Conway e Roman Rusinov dopo una gara concitata, che aveva visto il team Pecom protagonista assoluto. Nicolas Minassian, che partiva dalla pole, era infatti scivolato indietro al via dopo essere rimasto invischiato in un “sandwich” tra due vetture della OAK, ma aveva messo in scena una rimonta magistrale che gli aveva permesso di tornare in testa alla propria classe prima di lasciare il volante a Luis Perez Companc.
Il team Pecom è rimasto in corsa per la vittoria fino a 1.20′ dalla fine quando, con Pierre Kaffer alla guida, la barchetta motorizzata Nissan è uscita fuori pista all’ultima curva impattando le barriere col posteriore, probabilmente a seguito di un problema ai freni. A quel punto la G-Drive, che già guidava la corsa, ha dovuto controllare solo il ritorno della Morgan OAK di Pla-Heinemeier Hansson-Brundle, mentre terza ha chiuso la Zytek-Nissan del team Greaves, su cui oltre a Bjorn Wirdheim hanno convinto Jon Lancaster e Wolfgang Reip.
Se dal primo, formulista di talento con alle spalle successi anche in GP2, era lecito attenderselo, più scalpore hanno suscitato le prestazioni di Reip, ennesimo talento scovato dalla Nissan GT Academy che non ha precedenti né in monoposto né su altre vetture dotate di grande downforce. Quarta posizione di classe per Bertrand Baguette, Martin Plowman e Ricardo Gonzalez, sufficiente al trio per portare a casa il titolo piloti della LMP2.
In GTE Pro poteva essere tripla festa Aston Martin, e invece per la Casa britannica la gara del Bahrain si è trasformata in una caporetto. Due gravi problemi di motore hanno infatti messo KO le vetture di Turner-Mucke e Senna-Lamy-Stanaway, rispettivamente a due ore e a 50 minuti dalla fine. Questo ha consegnato il titolo marche della GTE Pro alla Ferrari e quello piloti a Gimmi Bruni. Attenzione però, perché il pilota italiano stava già andando a prendersi la corona da solo, con una prestazione imperiosa al fianco di Toni Vilander, suo compagno per questa gara.
I due hanno guidato praticamente tutta la corsa, tenendo sotto i controllo i rivali di Gaydon sui quali, prima del doppio ritiro, era sembrata avere un certo effetto la riduzione di capacità del serbatoio finalmente operata dalla FIA. A disturbare la cavalcata del duo italo-finnico avrebbe potuto essere la Porsche 991 in versione 2014 di Lieb-Lietz, ma i sogni di gloria del team Manthey si sono infranti dopo pochi giri, quando la macchina guidata da Richard Lietz è stata centrata in pieno sulla sospensione posteriore sinistra dalla Lotus Praga LMP2 di Richard Kraihamer, finito in testacoda. Per loro mezzo giro su una gomma forata e addio a qualunque speranza in una categoria tirata come la GTE. L’onore Porsche è stato difeso dal secondo posto di Bergmeister-Pilet, che hanno chiuso davanti a Kamui Kobayashi e Giancarlo Fisichella, entrambi molto veloci in gara, ma rallentati da un problema a un cerchione anteriore che ha costretto il romano a una sosta supplementare.
Alla fine l’Aston Martin si è presa la soddisfazione del successo in GTE-Am, sia di gara che di campionato. In Bahrain la corsa è stata vinta da Nygaard-Poulsen-Thiim, che aspettavano questo trionfo da tempo per dedicarlo all’amico Allan Simonsen, mentre in campionato il quinto posto è stato sufficiente a Jamie Campbell-Walter e Stuart Hall per portarsi a casa il titolo davanti a Enzo Potolicchio e Rui Aguas, ancora una volta affiancati in modo eccellente da Davide Rigon. A Potolicchio resta la soddisfazione del titolo squadre, andato alla sua 8Star.
Sabato 30 novembre 2013, Gara
1 – Davidson/Buemi/Sarrazin (Toyota TS030 Hybrid) – Toyota – 199 giri
2 – Lotterer/Tréluyer/Fässler (Audi R8 e-tron quattro) – Audi – 1’10″585
3 – Rusinov/Martin/Conway (Oreca 03 Nissan) – G Drive – 15 giri
4 – Pla/Hansson/Brundle (Morgan Nissan) – OAK – 15 giri
5 – Wirdheim/Reip/Lancaster (Zytek Z11SN Nissan) – Greaves – 15 giri
6 – Baguette/Plowman/González (Morgan Nissan) – OAK – 17 giri
7 – Nicolet/Ihara/Cheng (Morgan-Nissan) – OAK – 19 giri
8 – Giroix/Kerr/Dolby (Oreca 03 Nissan) – Delta ADR – 21 giri
9 – Bruni/Vilander (Ferrari F458) – AF Corse – 24 giri
10 – Bergmeister/Pilet (Poorsche 911 RSR) – Manthey – 24 giri
11 – Kobayashi/Fisichella (Ferrari F458) – AF Corse – 25 giri
12 – Lieb/Lietz (Porsche 911 RSR) – Manthey – 25 giri
13 – Nygaard/Poulsen/Thiim (Aston Martin Vantage V8) – 26 giri
14 – Companc/Minassian/Kaffer (Oreca 03 Nissan) – Pecom – 27 giri
15 – Potolicchio/Aguas/Rigon (Ferrari F458) – 8-Star – 27 giri
16 – Collard/Griffin/Perrodo (Ferrari F458) – AF Corse – 27 giri
17 – Bornhauser/Canal/Rees (Chevrolet Corvette C6-ZR1) – 28 giri
18 – Hall/Campbell-Walter/Gothe (Aston Martin Vantage V8) – 30 giri
19 – Narac/Verney/Palttala (Porsche 911 RSR) – IMSA – 37 giri
Non Classificati
145° giro Lamy/Senna/Stanaway
109° giro Turner/Mücke
93° giro Kristensen/Duval/McNish
86° giro Ried/Roda/Ruberti
83° giro Krohn/Jönsson/Mediani
64° giro Wurz/Lapierre/Nakajima
44° giro Belicchi/Beche/Prost
5° giro Holzer/Kraihamer/Charouz
0 giri Auer/Weeda/Liuzzi
<!–
stLight.options({publisher:’dc87018e-e1b5-407b-96af-a86d0219084d’});
–>
30 Nov [20:16]