Bahrain, la molla della ‘primavera’

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Dedefensa

L’articolo di Jerome Taylor su The Independent del 21 febbraio 2013, c’informa sulla situazione in Bahrein. L’effetto della “primavera araba” è iniziato poco dopo l’inizio dei disordini in Egitto, nel febbraio 2011. Il Bahrain è molto meno soggetto alla “nostra” attenzione, in particolare a causa della politica del blocco BAO al riguardo; come sappiamo di questa politica, mostra una considerevole dose d’ipocrisia. In ogni caso, la situazione così descritta dimostra notevolmente, piuttosto che le situazioni libica, egiziana, siriana, ecc., il vicolo cieco che rappresenta la “primavera araba”, sia per le cinghie di trasmissione del blocco BAO in Medio Oriente, sia per la politica del blocco BAO. Taylor sottolinea in particolare una radicalizzazione significativa del potere in Bahrain, tramite intrighi di palazzo (non importano le influenze specifiche al riguardo, è importante che vi sia una logica tendenza), la più interessante è che l’effetto non è solo un indurimento nei confronti dei manifestanti, ma anche nei confronti del blocco BAO, Stati Uniti e Regno Unito in particolare. Taylor vi aggiunge, senza indugio, ma è almeno altrettanto importante, la radicalizzazione delle proteste, nel senso di una maggiore ostilità verso il blocco BAO.
La famiglia reale del Bahrein è sempre più controllata da una fazione estremista che mantiene stretti legami con l’Arabia Saudita e si oppone con veemenza a concessioni; ciò potrebbe portare in pochi mesi al conflitto settario nel travagliato regno. Relazioni da Manama suggeriscono che l’acquisizione della famiglia reale da parte della cosiddetta “fazione Khawalid”, sia diventata un tale successo che gli alleati principali del Bahrain, Londra e Washington iniziano a temere che la monarchia, normalmente filo-occidentale, stia per essere usurpata da un gruppo dalla virulenta visione antiamericana e antibritannica. Voci su un gruppo ultraconservatore sempre più influente, abbondano nel regno del Golfo fin da quando sono esplose le proteste della maggioranza sciita della popolazione del Paese, nel febbraio 2011, contro il dominio della dinastia sunnita degli al-Khalifa.
Gruppi di opposizione sciiti accusano i Khawalid di essere gli ispiratori della repressione contro di loro, che provocarono più di 80 morti e il blocco delle richieste riforme democratiche che avrebbero dato agli sciiti, emarginati, una voce più grande sulla gestione del Paese. Ma con un passo assai inusuale, i membri della famiglia reale oggi iniziano a criticare i loro rivali, la prima chiara ammissione che la famiglia regnante sia, infatti, divisa. In un’intervista anonima al quotidiano Wall Street Journal di questa settimana, un “reale” reagisce contro i suoi cugini lamentandosi del fatto “coloro che circondano il re sono tutti potenti khawalid.
Khawalid è un termine usato in Bahrain per descrivere la fazione ultraconservatrice nella famiglia reale, il cui lignaggio risale a Khaled bin Ali al-Khalifa, fratello minore del potente emiro negli anni ’20. Condusse la brutale repressione contro una rivolta sciita e fu imprigionato dagli inglesi. I suoi sostenitori erano noti per la loro intensa avversione verso la popolazione a maggioranza sciita dell’isola, trascorrendo gran parte del restante ventesimo secolo nei corridoi del potere. Figure chiave khawalid sono riuscite a entrare in posizioni di responsabilità nella famiglia reale, e negli ultimi anni sembrano aver messo da parte le figure più in sintonia con le riforme economiche e politiche, come il principe ereditario Salman bin Hamid al-Khalifa […]
Ironia della sorte, l’ascesa di una fazione antioccidentale nella famiglia reale, coincide con l’aumento dei sentimenti antibritannici e antiamericani tra i gruppi di protesta sciiti. Inizialmente moderati, i gruppi sciiti come l’attuale principale partito Wefaq, speravano che Londra e Washington sostenessero le loro richieste di riforme democratiche. Quando ciò non accadde, i gruppi più radicali, come la Coalizione della Gioventù del 17 febbraio, divennero più influenti e cominciarono ad adottare sempre più la retorica antioccidentale“.
Il Bahrain è il modello del “vicolo cieco che rappresenta la ‘Primavera araba’ […] secondo il criterio del blocco BAO” perché presenta una situazione in cui il potere, del tutto acquisito al blocco, è ancora al suo posto, mentre la contestazione a questo potere, nata dalla “primavera araba”, mostra una resistenza estrema che prosegue attivamente negli ultimi due anni, nonostante la repressione costante e consistente che affronta. Di fronte a questa situazione, la politica del blocco BAO (principalmente Stati Uniti d’America, il fedele seguace Regno Unito e il resto che segue) è stata sostenere il potere (l’interesse politico), pur criticandolo in messaggi riservati ma tuttavia pubblici (dirittumanitarismo politicamente corretto), mostrando ufficialmente una certa comprensione verso la contestazione (dirittumanitarismo politicamente corretto) senza far nulla per sostenerla attivamente, e addirittura aiutando sottobanco la repressione (interesse politico).
C’è in questa duplice attiva asimmetria tutta l’ipocrisia consustanziale della politica BAO (dimostrazione inutile, non c’è tempo da perdere), in particolare, qualcosa di più interessante, vi è una contraddizione costantemente operativa e quasi insolubile. Il risultato è che il BAO blocco supporta reciprocamente (potere e contestazione), nel limite della sua influenza, ovviamente, appena sufficiente per far continuare il conflitto, ma insufficiente per la risoluzione del conflitto con un compromesso o la vittoria di uno o dell’altro. Il blocco BAO manifesta la sua costante e impotente interferenza in un modo che non soddisfa nessuna delle due parti, e dà a tutti l’impressione che il blocco, alla fine, segretamente desideri che vinca l’avversario. La tendenza naturale, in questo termine, è in realtà la radicalizzazione di entrambi i partiti, in cui lo stesso blocco BAO viene preso di mira contemporaneamente da tutti come un avversario, perché visto corresponsabile nel sostenere l’attività dell’avversario. Non c’è dubbio che questa sia la “formula” destinata a diventare la classica posizione del blocco BAO. Essa mostra la finalità profonda, naturale e superiore della “primavera araba” come movimento collettivo, aldilà delle varie spiegazioni sulle manipolazioni non meno varie, nonostante gli avatar di Libia e Siria e in parte soltanto l’avatar egiziano, viene essenzialmente messa in discussione la catena dei poteri creati dal blocco BAO per i propri interessi, dimostrando come la “primavera araba” sia, prima di tutto, un attacco contro il sistema.
Da questo punto di vista, il Bahrain è in realtà un anello importante, dove la situazione può solo peggiorare presentando e ripristinando un’immagine costante, e in effetti molto corretta, della “primavera araba”, con importanti conseguenze, a lungo termine, proprio per il Bahrain (senza speculare sugli effetti più ampi dei cambiamenti nella situazione del Bahrain). Una delle conseguenze sarebbe la possibilità di mettere in discussione lo status dei critici impianti della Quinta Flotta degli Stati Uniti nel Paese, uno status che è già in stato d’incertezza. Ci sono in effetti voci di un trasferimento di parte delle strutture e delle funzioni degli Stati Uniti dal Bahrain al Qatar, che non è neanche esso un luogo più sicuro per la marina militare degli Stati Uniti, per motivi diversi dal caso del Bahrein, o anche negli Emirati Arabi Uniti, che non sono comunque molto entusiasti di tale impegno. (Vedasi per le voci in proposito, 23 ottobre 2012): “La domanda che rimane aperta è tra l’altro se questa base [installata in Qatar], sia solo un centro logistico che copre l’intera area, già vecchia, o se sia stato ampliato di recente e decisamente a centro di comando e controllo navale, riguardo al trasferimento di tutto o parte del personale operativo e del comando della Quinta Flotta della marina degli Stati Uniti […] [La Quinta Flotta] è stata ufficialmente costituita nel Bahrein, nel porto di Manama, nel luglio 1995. Dei recenti cambiamenti, ma assai poco documentati, potrebbero essersi verificati (il condizionale giansenista è necessario)“. L’articolo sulla Quinta Flotta di Wikipedia implica che il centro comando operativo della flotta potrebbe essere stato trasferito discretamente nel 2011, in Qatar e negli Emirati Arabi Uniti, in seguito ai disordini in Bahrain.)
Un’altra importante conseguenza di natura politica, mostrando un curioso “cambio di corrente” del tipo “occhio per occhio”, potrebbe essere l’influenza della situazione in Bahrain su quella già tesa in Arabia Saudita, mentre attualmente dovrebbe essere il contrario, data l’influenza della “tutela” saudita sulla  sicurezza del Bahrain, con il dispiegamento delle forze saudite in Bahrain. Invece, la radicalizzazione in Bahrain, notevolmente anti-BAO ma anche in direzione di una destabilizzazione potrebbe influire, nello stesso senso, sulla situazione in Arabia Saudita, già estremamente instabile. In tutti i casi, non vi è alcuna garanzia che i sauditi cerchino di fermare il Bahrain sul punto particolare del possibile indurimento anti-blocco BAO (anti-USA), nella misura in cui loro stessi evolvono in questa direzione, sempre per gli stessi motivi suscitati dall’impotente politica degli Stati Uniti del “troppo poco e troppo tardi” riguardo al loro sostegno ai regimi al potere pro-BAO.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

http://aurorasito.wordpress.com/2013/02/25/bahrain-la-molla-della-primavera/

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