di Enrico Passarella
Diverse organizzazioni non governative insediate in Bahrain hanno spedito una lettera al presidente della FIA Jean Todt per chiedere lo stop del Gran Premio di Formula Uno che si dovrebbe disputare in aprile. Le ONG chiedono che il comitato etico della federazione automobilistica svolga delle indagini per capire l’impatto della gara sulla già precaria situazione dei diritti umani nel Paese. La lettera è stata inviata il 14 gennaio, ma ad oggi non ha ricevuto risposta.
Il documento è stato firmato da Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain, Bahrain Center for Human Rights, Bahrain Institutes for Rights and Democracy, Bahrain Watch, Bahrain Youth Society for Human Right e European Bahrain Organization for Human Rights. Secondo questi gruppi, il Gran Premio offre al governo un pretesto per intensificare la repressione del dissenso contro la monarchia.
Le misure restrittive per colpire i contestatori comprendono la chiusura di villaggi con filo spinato, la creazione di un numero eccessivo di checkpoints della polizia, l’uso sproporzionato di gas lacrimogeno nelle aree residenziali e arresti arbitrari. Il Gran Premio è stato annullato nel 2011, quando le rivolte popolari sono iniziate. Nel 2012, invece, la gara si è tenuta ugualmente e durante il primo giorno dell’evento le forze di polizia hanno ucciso il manifestante Salah Abbas Habib.
Secondo le ONG, ci sono attualmente 3.000 prigionieri politici in Bahrain e non ci sono indicazioni che le stesse misure non saranno usate nuovamente quest’anno. Oltre a colpire chi protesta, le restrizioni del Governo sulla libertà di espressione hanno portato all’espulsione di un team di giornalisti dell’inglese Channel 4 nel 2010 e di uno di ITN news nel 2013. Le associazioni ritengono che la FIA abbia la responsabilità etica e morale di salvaguardare l’integrità e la reputazione del mondo automobilistico e che debba pertanto cancellare il Gran Premio del Bahrain fintanto che questi abusi non cesseranno.
In un comunicato correlato, le ONG si dicono preoccupate per la recente escalation di violenza e per l’uso di forze di polizia straniere contro i manifestanti pacifici. Dall’inizio della protesta popolare nel febbraio del 2011, numerose organizzazioni internazionali hanno documentato gravi e diffuse violazioni dei diritti umani. La Bahrain Indipendent Commission of Inquiry ha confermato che le autorità hanno perpetrato numerose esecuzioni extragiudiziali, condotto innumerevoli arresti arbitrari e praticato tortura fisica, psicologica e sessuale.
Considerate le circostanze e la mancata risposta del governo ai frequenti appelli a fermare le repressione, le ONG avanzano sei proposte per tentare di risolvere la situazione. Prima di tutto, concedere ai cittadini l’esercizio di diritti di base come l’autodeterminazione, il diritto di riunirsi pacificamente e di esprimersi liberamente. Poi, la formazione di una commissione indipendente e neutrale, supervisionata dall’ONU, per indagare sulle morti a partire dal febbraio del 2011. Viene chiesto lo stop all’uso di forze di sicurezza straniere o politicizzate e una riforma del sistema giudiziario per conformarlo agli standard internazionali e garantire il giusto processo, compreso il rilascio delle persone che sono incarcerate per motivi politici. Si chiede, infine, di iniziare a trovare i veri responsabili delle violazioni dei diritti umani, soprattutto ai più alti livelli, e di programmare una visita urgente di tutti e sei i special rapporteur dell’ONU che ne hanno fatto richiesta, soprattutto quello per la tortura.
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