di Luca Pistone. Scritto il 8 febbraio 2013 alle 7:00.
Ancora una volta, la coalizione di opposizione del Bahrain, guidata dal partito al-Wefaq, è scesa per le strade di Manama per chiedere la formazione di un governo di transizione, un primo passo per porre fine alla situazione di stallo politico nel paese.
Secondo agenzie di stampa cinesi e iraniane, alla manifestazione di ieri hanno preso parte diverse centinaia di persone, che esigono un governo di transizione che rappresenti le varie fazioni della società del paese e la fine delle misure energiche e delle campagne mediatiche contro i dissidenti.
Il corteo ha avuto luogo alcuni giorni prima del secondo round del Dialogo per il consenso nazionale, che inizierà domenica e al quale prenderanno parte sei membri dell’opposizione e otto gruppi filo-governativi.
Il ministro della Giustizia e degli Affari Islamici, Khalid bin Ali al-Khalifa, assicura che “il nobile obiettivo dei colloqui consiste nel promuovere gli interessi nazionali vitali e proteggere la stabilità del Bahrain e dei suoi cittadini”.
Le organizzazioni per i diritti umani, nazionali ed estere, sostengono che Manama ha adottato severe misure per reprimere la manifestazioni dell’opposizione, che dal 14 febbraio del 2011 reclama la fine del regime monarchico di Hamad bin Isa bin Salman al-Khalifa e, in alcuni casi, la trasformazione del paese in una repubblica.
La corte suprema del Bahrain ha confermato lo scorso mese le pene contro 13 dirigenti dell’opposizione per la loro partecipazione alle proteste del 2011. Le condanne vanno dall’ergastolo alla reclusione tra i 5 e i 15 anni di carcere. Ad Abdulhadi Alkhawaja, fondatore del Centro per i diritti umani del Golfo, spetterà il carcere a vita.
Nel marzo del 2011, truppe dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti (Eau) erano entrate nel paese a sostegno del governo di Manama e su sua richiesta.
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