NOTIZIE VENEZIA | Nelle ultime settimane la Turchia è al centro dell’attenzione di tutti per le numerose proteste contro il capo di stato Erdogan e il padiglione nazionale della 55° edizione della Biennale d’Arte, situato all’Arsenale, sembra proprio riflettere sul tema della resistenza (il titolo è infatti “Resistence”).
Lo spazio espositivo accoglie le opere dell’artista Ali Kazma, ed è stato curato da Emre Baykal. All’ingresso è possibile notare un foglio con su scritto “Resisti Istanbul”, proprio per dimostrare la vicinanza di Venezia al popolo turco.
Attraverso alcuni filmati, il video-artista, ha voluto sottolineare
quello che da sempre è un suo principio: “l’importante è saper imparare a vivere ed attraverso il mio lavoro io imparo le possibilità che offre l’individuo e la cultura”. Il contatto fisico è ciò che lo avvicina alla conoscenza ed è attraverso le sue opere che l’artista si propone di analizzare il corpo umano come forma creativa, produttore e prodotto, ma mostrando anche, che intervenendo su di esso, permane fortemente l’istinto di resistenza.
La visione dell’artista ha però un messaggio ancor più radicato, egli infatti dichiara così di voler esplorare la volontà dell’essere umano di riuscire a dissolvere le classi sociali così come i codici culturali e le barriere fisiche e genetiche del corpo umano.
Il padiglione Turchia è collegato a quello del regno di Bahrein, per quanto riguarda gli spazi e i concetti. Piccolo arcipelago di 33 isole confinante con l’Arabia Saudita, il Bahrein è presente fisicamente per la prima volta alla mostra d’arte veneziana, attraverso il lavoro di tre giovani artiste: Mariam Haji, Camille Zakharia e Waheeda Mallulah.
L’ottimismo è il messaggio che le tre vogliono esprimere e lo fanno unendo i ricordi al loro mondo privato, offrendo così, una visione migliore del mondo attuale. Con le loro opere enfatizzano in particolar modo il tema della propria identità e il loro comunicare messaggi e significati personali.
Il disegno di se stessa all’interno di una stalla con cavalli arabi, come dichiarato da Mariam Haji, è la rappresentazione della propria cultura, ma anche dell’essere influenzati da quella di tipo globale. Le colleghe hanno espresso lo stesso messaggio, ma con mezzi diversi: Waheeda Mallulah con degli scatti fotografici e riflettendo maggiormente sul femminismo (donne con il burqa), mentre Camille Zakharia con un collage di foto, scomposte e ricostruite come il proprio mondo unito ai ricordi, riflettendo così sul tema dell’identità personale e culturale.
I due padiglioni sembrano essere quindi collegati fra loro da una medesima ricerca, quella di un proprio io e di una propria cultura, perché pare faccia parte dell’istinto resistere al potere della globalizzazione.
Alice Bianco
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[23/06/2013]