Cosa rischia il Bahrain dopo il voto

//   25 novembre 2014   // 0 Commenti

RTR4F5D5 608x400Si è votato il 22 novembre in Bahrain per le elezioni legislative e le municipali. Secondo l’opinione del governo, che in queste settimane ha promosso l’appuntamento alle urne in modo altisonante, questo voto permetterà al Paese di voltare pagina. L’opposizione crede invece che si tratterà delle ennesime elezioni di facciata, vuote di alcun significato e il cui unico risultato sarà l’inasprimento delle tensioni interconfessionali.

 

In Bahrain si verifica la strana coincidenza di un governo che è espressione della minoranza sunnita e un’opposizione sciita che rappresentata invece la maggioranza della popolazione. Nel 2011, sull’onda delle primavere arabe, anche nel Regno si sono registrati tumulti e manifestazioni di piazza attraverso cui il popolo ha chiesto maggiore coinvolgimento nelle scelte politiche, l’estensione dei diritti politici, l’ammodernamento del sistema monarchico costituzionale e un nuovo sistema elettorale per consentire l’elezione dei membri del governo all’interno di un parlamento scelto dai cittadini e non su nomina diretta del re.

La rivolta è stata però repressa sul nascere dalle truppe del Peninsula Shield Force (l’apparato militare congiunto del Consiglio di Cooperazione del Golfo, istituito nel 1984 ma operativo solo dal febbraio del 2011). Poco o nulla dunque è cambiato, con il governo che continua a proporre iniziative di dialogo nazionale puntualmente boicottate dall’opposizione.

 

Anche l’appuntamento elettorale del 22 novembre è stato disertato dal principale partito all’opposizione, lo sciita Al Wefaq, che però prende le distanze dai disordini di piazza dicendosi un movimento pacifico. La sua scelta è stata seguita da altri quattro gruppi di minoranza. Al Wefaq aveva boicottato anche le elezioni del 2002, mentre si era presentato a quelle del 2006 e del 2010 aggiudicandosi rispettivamente 17 e 18 seggi. La critica mossa al governo in occasione di quest’ultimo scrutinio riguarda la definizione delle circoscrizioni stabilite nella legge elettorale che, secondo il partito sciita, favorirebbe esclusivamente i candidati sunniti e filo-governativi.

 

Tra i 266 candidati che si sono presentati a queste elezioni per contendersi i 40 seggi parlamentari vi sono molti indipendenti. Per la maggior parte sono sunniti. Alcuni sono stati accusati di essere solo dei prestanome, altri di pensare solamente ai loro affari. Sono invece 8 i candidati ufficiali, e 4 i non ufficiali, del partito salafita Al Asalah, e 5 quelli vicini ai Fratelli Musulmani. La futura composizione parlamentare si prospetta sbilanciata a sfavore degli sciiti ma soprattutto marcatamente islamista qualora sia i salafiti che i Fratelli Musulmani dovessero ottenere buoni risultati. Sono 22 le donne candidate, contro le 9 del 2002, quando per la prima volta furono a correre per un seggio.

 

Con un’affluenza del 51,5% (dato anche questo falsato secondo l’opposizione) saranno 34 le circoscrizioni su 40 che dovranno tornare al voto il 29 novembre per eleggere i deputati del Consiglio dei Rappresentanti, la camera bassa del parlamento del Bahrain. In base alla legge elettorale, infatti, il secondo turno è previsto nel caso in cui nessun candidato abbia ottenuto almeno il 50% delle preferenze al primo turno.

 

Il ministro dell’Informazione, Samira Rajab, ha sottolineato che non saranno tollerate “interferenze straniere” in questa delicata fase elettorale, con l’implicito riferimento all’Iran sospettato di orchestrare da dietro le quinte le mobilitazioni sciite non solo in Bahrain ma in tutta l’area del Golfo.

 

In attesa della seconda tornata elettorale, la repressione del dissenso politico unita alla presenza significativa di candidati islamisti fanno emergere non poche preoccupazioni per il futuro. Contrastando l’opposizione sciita e gli attivisti per la democrazia, il governo di Manama potrebbe generare un clima favorevole all’estremismo lasciando che le spinte islamiste si moltiplichino. Un fattore di cui il Bahrain, con il Medio Oriente in piena crisi, non può sottovalutare.

Tratto da lookoutnews.it


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