Nabeel Rajab, dissidente politico e attivista per i diritti umani del Bahrein, è stato liberato. Rajab era stato imprigionato nel maggio del 2015, con l’accusa di aver offeso e insultato le autorità del Paese. L’agenzia giornalistica Bahrain News Agency ha riferito che il re Hamad ha deciso di concedergli la grazia, perché l’attivista soffre di problemi di salute.
Rajab è il presidente dell’organizzazione no-profit Bahrain Centre for Human Rights (Bchr), da lui fondata nel 2002. Sin dagli anni Novanta, è stato una delle voci più critiche nel Bahrein, e nel mondo arabo in generale. Ha denunciato con coraggio gli abusi da parte del governo e, a causa del suo lavoro e delle sue campagne, ha subìto arresti, minacce e intimidazioni fisiche.
Il 14 maggio del 2015 una corte del Bahrein ha confermato in appello la condanna per Rajab a sei mesi di carcere, per alcuni messaggi su Twitter e un articolo pubblicati nel settembre del 2014. Le parole di Rajab erano state considerate offensive perché accusavano il governo di essere “l’incubatore ideologico” del terrorismo, e avevano insinuato che alcuni soldati delle forze governative si fossero uniti all’Isis.
Rajab era già stato incarcerato a causa della sua opposizione al regime. Nel 2012 fu condannato a due anni di prigione per il suo ruolo nelle proteste contro il governo durante la primavera araba.
In Bahrein tra il 65 e il 75 per cento degli abitanti – tra cui Rajab – è di fede musulmana sciita. Tuttavia al potere vi è una monarchia sunnita. Ispirati dalla primavera araba, nel 2011 gli sciiti cominciarono a manifestare per i loro diritti. Il governo del Bahrein e i suoi alleati, tra cui l’Arabia Saudita, repressero con violenza le proteste, uccidendo centinaia di civili.
Numerose organizzazioni per i diritti umani – tra cui Amnesty International, Human Rights Watch e Front Line Defenders – hanno spesso lanciato appelli per la liberazione di Rajab e denunciato le limitazioni alla libertà di stampa da parte del governo del Bahrein.
Il 30 giugno scorso inoltre molti attivisti e organizzazioni hanno criticato la decisione del governo statunitense di fornire nuovamente aiuti militari al Bahrein, che erano stati bloccati nel 2011 durante la violenta repressione delle proteste anti-governative.
Nel gennaio del 2015, Rajab aveva detto ad Amnesty International: “La persecuzione ingiusta e continua nei miei confronti da parte delle autorità è solo uno degli esempi di quello che subiscono molti altri attivisti nella regione del Golfo. Non solo siamo le vittime della repressione dei nostri governi, ma siamo anche vittime del silenzio, dell’ipocrisia e della mancanza di imparzialità della comunità internazionale. I cittadini dei nostri Paesi, che sono affamati di libertà e di giustizia sociale, sono coloro che ne pagano il prezzo”.
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