Credits Ansa
Gli Emirati Arabi hanno investito 72 milioni, la Cina 60 (cui però si aggiungono altri 40 dei due padiglioni realizzati dalle proprie aziende) e la Germania 58. Quarantotto ne hanno spesi gli Stati Uniti (che per regolamento interno può ricorrere esclusivamente a fondi di privati e imprese), Giappone, Messico e Russia sono arrivati a 42. Ma ci sono anche i 12 milioni ciascuno di Angola, Argentina e Bahrain, i 9 dell’Ecuador. Anche chi non è una superpotenza ha voluto esserci e spendere: 4 milioni per Moldavia, Lituania, Vietnam e Repubblica Ceca. Fino, tra gli altri, al milione di Uzbekistan, Malta e Grecia, e ai 500 mila euro di Montenegro e e Guinea Equatoriale.
Un miliardo di investimenti
Il totale è oltre un miliardo di investimenti dei Paesi, diretti o indiretti, cui si aggiungono 96 milioni di varie fondazioni o aziende. Expo è anche un grosso business internazionale e le diplomazie italiane hanno lavorato in questi anni per attrarre investimenti, vendendo il «prodotto» Expo, ma anche il «prodotto» Italia. «Se non fosse attrattivo uno, non avrebbe funzionato neppure l’altro», riassume Stefano Gatti funzionario della Farnesina dal 2009 distaccato a Milano prima per dirigere il settore Partecipanti e oggi anche direttore generale del Padiglione Italia.
La diplomazia ha lavorato in due diversi momenti: prima del 31 marzo 2008 per promuovere l’esposizione e il suo tema, Nutrire il Pianeta Energia per la Vita, nel mondo, andando a conquistare uno ad uno i consensi dei Paesi che poi avrebbero votato Milano invece di Smirne. Poi, per convincere i Paesi a esserci e a investire. Intanto, una precisazione: il calcolo degli investimenti riguarda solo una parte degli Stati rispetto ai 140 che parteciperanno all’evento (obiettivo indicato nel dossier di registrazione con cui l’Italia si era candidata) perché gli altri vengono «ospitati» da Expo nei cosiddetti «cluster» e dovranno soltanto mettere a disposizione un minimo di risorse per coprire la gestione del proprio spazio: novità di questa edizione, infatti, nove padiglioni raggruppano i Paesi meno ricchi intorno a un prodotto o a un clima, dando però anche a loro la possibilità di una vetrina per presentare i propri saperi e sapori, un pezzo di storia e di tradizione. Gli altri, invece, hanno prenotato spazi più o meno grandi, lotti che variano da mille a 5 mila metri quadrati e poi si sono affidati ad architetti locali o ad archistar internazionali per dare forma al concetto dell’alimentazione, interpretandolo sia nelle strutture che nei contenuti presentati.
«Lavoro capillare, corale e sistemico della Farnesina»
Come riassume l’ambasciatore Michele Valensise, «il lavoro capillare, corale e sistematico della Farnesina, con centinaia di eventi promozionali in tutto il mondo, ha dato i suoi frutti. La Farnesina da Roma e attraverso la sua rete estera diplomatico-consolare ha contribuito in misura determinante alla straordinaria dimensione internazionale di Expo, dal successo della candidatura di Milano, alla raccolta di adesioni fino alla firma dei contratti di partecipazione».
Altro termometro è quello delle visite di delegazioni straniere annunciate: durante i sei mesi sono attesi all’interno del sito espositivo da 40 a 70 Capi di Stato o di Governo, oltre mille ministri e un gruppo nutrito di rappresentanti delle varie famiglie reali del mondo. Molti di loro atterreranno a Milano in occasione della giornata dedicata al proprio Paese. All’Expo, infatti si sono organizzate 115 giornate nazionali, alle quali si aggiungeranno le «feste» di Expo, dedicate ad alcun prodotti e la giornata sulla lotta allo spreco il 16 ottobre, con la presenza nel sito del segretario dell’Onu Ban Ki-moon . Corriere.it
Redazione online