4 giugno 2013 – Se si cerca un maestro nell’arte di massimizzare il risultato questo è (era?) Alonso. Nelle tre stagioni in Ferrari l’asturiano si è spesso distinto per aver portato la macchina ben oltre quello che il potenziale tecnico poteva lasciar prevedere. Ottima affidabilità, circostanze favorevoli, gestione oculata e condotte di gara aggressive quanto serviva, gli hanno permesso nel 2010 e nel 2012 di contendere il titolo a vetture ben più performanti (ma con qualche problema di tenuta), infliggendo distacchi abissali in classifica al compagno di squadra. Quest’anno, invece, il copione non si è per ora ripetuto.
La regolarità, arma vincente in tutti i campionati, sembra improvvisamente svanita, e con essa un bel gruzzolo di punti che a fine anno potrebbero fare la differenza. E sorprende, per le modalità in cui i risultati sono maturati, che a sperperare un bottino così prezioso sia stato un pilota navigato come Alonso, che della formichina previdente ha fatto il suo modello di corsa, e che per una manciata di punti (complessivamente 9) ha lasciato per strada ben tre mondiali!
Tradito forse dalla possibilità di correre e non solo rincorrere, quest’anno lo spagnolo (e con lui il muretto Rosso) ha smarrito in parte quella concentrazione e condizione alla base dei tanti capolavori passati. Una distrazione pagata a caro prezzo, in un campionato molto meno aperto e livellato della prima parte di stagione 2012, quando nelle prime sei gare ci furono 6 diversi vincitori.
In queste prime sei gare del 2013, il rullo Alonso pare essersi inceppato. Se è vero che bisogna risalire al 2007 per ritrovare una Fernando a quota due vittorie nelle prime sei gare, è anche vero che negli ultimi tre anni in Ferrari, mai i piazzamenti non a podio erano stati così negativi (ritirato in Malesia, 8° in Bahrain e 7° a Montecarlo): 5°, 9° e 7° nel 2012; 4°, 6°, 7°, 5° nel 2011; 4°, ritiro, 4° e 6° nel 2010.
Quei piazzamenti fuori dal podio che in passato erano spesso punti importanti portati a casa, quest’anno sono punti importanti lasciati per strada.
A tracciare un confine con le passate stagioni sono proprio le due vittorie fin qui ottenute: la F138 è una macchina vincente, a livello della concorrenza, niente a che vedere con la F2012 (per non dire della F150), con cui potersela giocare su ogni circuito.
I numeri non dicono tutto ma spesso aiutano. L’anno scorso Alonso, con 76 punti, era leader del mondiale (a +3 su Webber e Vettel e + 66 su Massa), oggi, con 2 punti in più, si trova terzo in classifica a 29 lunghezze dal leader Vettel e a 8 lunghezze dal secondo, Kimi Raikkonen. Rispetto allo spagnolo, il finlandese ha 35 punti in più rispetto al 2012, mentre Vettel ha incrementato di 34 punti.
Alonso invece è rimasto stabile, con un misero +2; visto che le condizioni tecniche per fare bene c’erano, allora a calare sono stati altri fattori.
I 76 punti del 2012 rappresentavano il (quasi) massimo bottino possibile per la F2012. Con il solo bollino rosso della Cina, dove si contarono troppi svarioni e qualche nervosismo di troppo (duello – perso – con Maldonado) lo spagnolo era riuscito, in condizioni di inferiorità tecnica, a partire per il Canada in testa al campionato.
L’impatto con il 2012 non era stato dei migliori: in Australia, pronti via e Alonso parcheggiava nella ghiaia la sua Ferrari in Q2 rimediando un 12° posto in griglia: ma in gara risaliva in piazza cinque, e non avrebbe fatto comunque meglio partendo davanti. In Malesia il meteo ci metteva lo zampino e Alonso ne approfittava andando a vincere; detto della Cina, chiusa al 9° posto, in Bahrain proseguiva la crisi di identità e di gomme della F2012: Alonso si difendeva con i denti portando a casa un 7° posto. Al quinto Gp, in Spagna, la luce tornava ai box della Ferrari con il terzo tempo in qualifica e il secondo posto in gara dietro a una Williams incredibilmente al top; era forse il primo Gp della stagione in cui qualcosa in più poteva essere fatto, ma considerato il pessimo avvio, un ottimo risultato (anche se a fine anno peserà, eccome). Infine Monaco, sesta gara, solite Safety Car, traffico e trenini, Alonso chiudeva terzo.
Nel 2012, in sei gare dunque, la posizione media è di 7,5 in griglia e 4,5 in gara (12,7 punti).
Quest’anno il potenziale della vettura è nettamente superiore fin dall’avvio di stagione, come confermano le qualifiche, con ben 3 piazze guadagnate (4,17 la posizione media). Ma mentre l’anno scorso Alonso non aveva mai peggiorato in gara il risultato conquistato in qualifica, quest’anno l’asturiano in Malesia (ritiro), in Bahrain (da 3° a 8°) e a Monaco (da 6° a 7°) ha vanificato quanto il lavoro del sabato. Per una media punti che, pur con due vittorie e un secondo posto, è di fatto uguale (13 punti).
A Sepang è andato in scena il primo suicidio rosso, quell’azzardo di restare in pista con un musetto distrutto alla fine pagato con un ritiro. Si era a inizio gara, con meteo ancora incerto e possibilità di recupero concrete: Alonso avrebbe potuto imporsi e rientrare per non rischiare ma più grave la valutazione da parte team che quell’ala avrebbe potuto resistere.
In Bahrain la sfortuna ci ha messo lo zampino, ma ancora una volta team e Alonso l’hanno fatta grossa: Drs inceppato, sosta inevitabile, riparazione a suon di pugni, rientro in pista e il giro dopo Alonso che fa? Attiva di nuovo il meccanismo finendo col dover di nuovo tornare ai box! Che bisogno c’era di forzare la mano alla sorte? Perché rischiare un nuovo blocco del sistema senza aspettare il pit-stop successivo? Scarsa lucidità del pilota unita, ancora una volta, a una certa superficialità del muretto. Restano le almeno 4 posizioni perse, visto che tra il podio e l’ottava piazza ci sono stati 18 secondi di scarto sotto la bandiera a scacchi.
Monaco, infine, è stata la gara più emblematica: Alonso opaco in qualifica, sesto, e ancor più opaco in gara, una porta aperta nella gara del sorpasso impossibile per eccellenza. Farsi superare al tornantino alla 12esima partecipazione alla corsa del Principato è abbastanza incomprensibile, così come la tesi della gara in ottica campionato, visto che i rischi da prendere per stare davanti chiedevano solo un po’ più di “mestiere”.
Se rispetto al 2012 la Ferrari ha fatto il salto di qualità che ci si aspettava, Alonso non ha saputo nemmeno mantenersi sugli stessi livelli, smarrendosi quando meno era prevedibile. Senza per questo voler mettere in discussione il pilota, che ha dato l’ennesima conferma con le straordinarie prove in Cina e Spagna e il podio in Australia; ma di fatto in già tre occasioni su sei Alonso, con la complicità del box, è stato preso in contropiede dalle situazioni, quando ci si aspetterebbe che sia lui a fare il gioco, con la consueta lucidità, fame e aggressività che gli hanno sempre permesso di fare la differenza.
La partita per il Mondiale è lunga ancora 13 gare, c’è ancora tempo per ribaltare il risultato, ma continuando così, l’arbitro potrebbe anche fischiare prima.
F1P | Matteo Sala