In Bahrain qualche apprensione della F1 ancora c’è. Ap
Le immagini di violenza o delle manifestazioni di protesta che piombano quasi ogni giorno sul tavolo della redazione stridono profondamente con il primo impatto che si ha, atterrando in Bahrain, quello di un Paese che, almeno dal punto di vista edilizio, è in continua espansione da quando nel 2004 si disputò su questa pista la prima, storica edizione di questa gara, storica perché mai in precedenza la F.1 aveva corso in Medio Oriente. Ieri ad esempio, siamo stati tra i primi a transitare su un nuovo tratto autostradale che taglia fuori la trafficata Pearl Square (una piazza resa celebre due anni fa per gli scontri) e che raggiunge i grattacieli ancora in costruzione di Bahrain Bay. Poi sì, lungo il tragitto che porta al circuito si notano, esattamente come un anno fa, le camionette anti sommossa, ma i loro conducenti in realtà approfittano delle siepi piantate ai bordi per ripararsi dal caldo feroce che un rarissimo temporale nella serata di martedì sera non ha affatto mitigato. La calma appartente potrebbe però essere spezzata venerdì, giornata di preghiera. Vedremo.
Rivoluzione —
Intanto la vera… rivoluzione si è avuta dentro il paddock: per impedire che la presenza di piloti, responsabili dei team, direttori tecnici nel paddock si limitasse a pochi metri, quelli che intercorrono solitamente tra le salette (in Europa i motorhome) e i box, Bernie Ecclestone ha deciso di mischiare le carte: così se il primo garage è rimasto quello della Red Bull, le salette del team campione del mondo sono state spostate dopo quelle di Lotus e Sauber (che sono le prime due): insomma Vettel, Alonso e soci dovranno percorrere qualche metro in più. Peccato che di fan nel paddock del Bahrain se ne vedano sempre pochini.
SCENARI —
A proposito di piloti: mentre Vettel, Raikkonen e Hamilton hanno deciso dopo la Cina di tornare in Europa (i primi due in Svizzera dove abitano, il pilota della Mercedes a Londra), Alonso ha invece preferito venire immediatamente in Medio Oriente come Massa, ma il brasiliano è arrivato subito in Bahrain, mentre (come avevamo anticipato) Fernando si è fermato a Dubai dove si martedì sera è andato a cena con Mark Webber (con FOTO che i due si sono postati su twitter). I due sono amici di lunga data ma questa cena in un momento delicato per le vicende interne alla Red Bull indubbiamente fanno sospettare alleanze se non addirittura scenari di mercato: d’altronde non è un mistero che l’estate scorsa Webber è stato vicinissimo alla Ferrari. Chissà che cosa ne penserà Massa che qui ha l’obbligo di riscattarsi dopo le mediocri prestazioni di Sepang e Shanghai.
Tradizione —
Per la Ferrari sulla carta le condizioni per uno splendido bis ci sono perché le rosse (tranne rare eccezioni, come l’anno passato) qui si sono sempre comportate molto bene: su otto edizioni disputate (per il conflitto interno saltò l’edizione 2011) Maranello ne ha vinte 4, la prima assoluta con Michael Schumacher, poi due consecutive con Massa e infine appunto nel 2010 la splendida doppietta con Alonso primo davanti a Felipe. Fernando tra l’altro è il pilota che su questa pista ha vinto di più: tre volte (2005-06 con la Renault e appunto 2010). Se poi la Pirelli avesse mantenuto la scelta originaria degli pneumatici da portare qui (soft e hard), beh sarebbe stato (quasi) perfetto, considerato come la F138 sia gentile con le soffici, ma dopo la Malesia questa mescola è stata sostituita con la media e farà coppia con la dura.
dal nostro inviato
Andrea Cremonesi© RIPRODUZIONE RISERVATA