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15 febbraio 2014 – A una settimana dalla prima delle due sessioni di test sulla pista di Sakhir, il Bahrain è nuovamente scosso da manifestazioni ed episodi di violenza.
Da alcuni giorni sono infatti in corso nel regno della penisola arabica manifestazioni di piazza in occasione del terzo anniversario delle rivolte che lacerarono il regno guidato dalla minoranza sunnita nel 2011. Giovedì a Dair, un villaggio che sorge nei pressi dell’aeroporto della capitale Manama e a una quarantina di chilometri dal circuito, l’esplosione di una bomba ha causato la morte di un poliziotto e il ferimento di altri tre agenti. Ieri ai manifestanti è stato impedito di raggiungere la Rotonda della Perla, uno dei luoghi simbolo della protesta antigovernativa, e la manifestazioni sono degenerate in scontri.
Ancora una volta il circus atterrerà in un Bahrain carico di tensioni. Nel 2011, in piena Primavera araba, la gara venne prima rinviata e poi cancellata, ma già nel 2012 il gran premio si disputò regolarmente.
Ma negli ultimi due anni le manifestazioni di protesta non sono mai mancate, e con esse molteplici episodi di dura repressione, soprattutto nelle settimane che precedevano il gran premio per cercare di sfruttare la copertura mediatica garantita dalla Formula 1.
E numerose le rimostranze da parte di ong e anche di esponenti politici britannici, che hanno sempre trovato sordi Federazione ed Ecclestone.
Ci si torna quindi a interrogare sull’opportunità di andare a correre in un Paese dove la sicurezza interna non può essere garantita, e questo è un aspetto cui i team presteranno sicuramente attenzione (nel 2012 l’auto di alcuni membri della Force India fu quasi colpita dall’esplosione di una molotov), anche perché data la vicinanza tra le due sessioni, la maggior parte del personale resterà per più di due settimane in Bahrain. E la sicurezza non sarà certo ai livelli massimi di un weekend di gara, un elemento di insicurezza in più.
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F1P | Matteo Sala