I Fratelli dividono il Golfo

Pochi giorni fa l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrain hanno richiamato i loro ambasciatori dal Qatar dopo una pubblica litigata tra i rappresentati delle monarchie che sono a vari livelli alleate dell’occidente. Più che lo stallo politico-diplomatico in Siria, ha influito soprattutto la partita egiziana: in primis l’appoggio di Doha ai Fratelli musulmani e ad Hamas, passando per le divergenti posizioni in merito al golpe del 3 luglio che ha portato alla caduta del governo di Mohammed Mursi, fino alla restituzione del governo al-Beblawi dei 2 miliardi di dollari in depositi bancari al Qatar in aperto contrasto con la restaurazione al potere dei militari guidati da Feldmaresciallo al-Sisi. 

 

Come afferma Giuseppe Dentice, ISPI Research Assistant, la decisione, a suo modo storica – è la prima volta dalla fondazione del Gulf Cooperation Council, nel 1981, che al suo interno si manifestano spaccature così profonde –, è giunta a margine di un vertice informale tra i ministri degli Esteri della stessa organizzazione avvenuto lo scorso 5 marzo. 

 

Che esistano obiettivi divergenti tra le monarchie del Golfo, continua Dentice, è cosa risaputa, a partire dal progetto, accolto tiepidamente in particolare da EAU e Oman, di creare un’unione monetaria e una banca regionale unica, passando per l’istituzione di un sistema di sicurezza unificato sotto l’egemonia saudita fino ad arrivare alle singole aspirazioni di politica estera dei singoli attori regionali coinvolti.


Il Qatar al centro degli squilibri del Golfo, commentary di Giuseppe Dentice, ISPI Research Assistant

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