Rappresaglia delle autorità bahreinite contro i ‘collaboratori dell’Onu’. Intanto il presidente della Bahrain Youth Society for Human Rights Mohammad al Maskati è stato rilasciato stamattina per mancanza di prove.
di Marta Ghezzi
Intervenendo alla XXI sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra il 19 settembre, il ministro degli Esteri del Bahrein, lo sheikh Khaled bin Ahmad Al Khalifa, ribadiva davanti alla commissione incaricata della Revisione periodica universale per il Bahrein l’impegno del governo del suo paese nell’implementazione delle raccomandazioni dell’Onu legate alle tematiche della giustizia, all’uso della tortura, ai diritti delle donne, alla protezione dei minori e delle minoranze, come ribadiva l’importanza fondamentale del diritto di espressione e di giustizia*.
Un ministro degli Esteri che ci crede alla libertà di espressione e ai diritti umani, quello del Bahrein: dal suo account Twitter ufficiale (sul quale si definisce, tra le altre, ‘bon vivant’) nel luglio del 2011 si congratulava con i connazionali Nabil Rajab, presidente del Bahrain Centre for Human Rights, Amira al-Husseini, editor bahreinita di Global Voices On Line e con Khaled bin Ali Al Khalifa, ministro della Giustizia, degli Affari Islamici e del Waqf per essersi classificati rispettivamente al 43°, 52° e 86° posto nella classifica degli arabi più attivi sul famoso social network secondo Forbes Middle East.
Un anno dopo, Nabil Rajab entrava in carcere, condannato a tre anni di reclusione proprio per aver ‘twittato’ contro il primo ministro Khalifa bin Salman Al Khalifa.
Il quotidiano filo-governativo Al-Watan, in ottemperanza al suo diritto di espressione, pubblicava il 23 settembre scorso l’elenco con nomi, cognomi e foto di tutti gli attivisti per i diritti umani ‘colpevoli’, a quanto riportava il titolo dell’articolo, ‘di aver contribuito ad infangare il nome del Bahrein a Ginevra’.
Al termine della prima sessione della conferenza, nel maggio scorso, la delegazione bahreinita, al suo rientro in patria, era già stata oggetto di invettive, accuse e minacce da parte dei sostenitori del regime degli Al Khalifa.
E proprio a questa serie di minacce si riferiva nel suo intervento il 13 settembre presso il Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra il presidente della Bahrain Youth Society for Human Rights Mohammad al-Maskati, sottolineando anche le continue minacce e telefonate anonime seguite all’annuncio della sua partecipazione al panel per i diritti umani.
Si andava da ‘bastardo traditore della patria’ a vere e proprie minacce di morte, senza contare chi gli recitava il numero della targa della sua auto o i dati personali suoi e dei suoi familiari.
Convocato ieri dal comando di polizia di Hooda, in Bahrein, per accertamenti circa la sua partecipazione a manifestazioni non autorizzate, è stato poi trattenuto in stato di fermo per tutta la notte senza un’imputazione precisa.
Questa mattina, chiamato a comparire davanti al giudice per la formalizzazione delle accuse, vista la mancanza di prove a suo carico, è stato rilasciato.
La BYSHR in un comunicato diffuso subito dopo l’arresto di al-Maskati, definiva l’atto come una rappresaglia da parte della autorità del paese contro chi aveva osato collaborare con le Nazioni Uniti.
*(La revisione periodica, calendarizzata ogni 4 anni, è un processo guidato da una delegazione proveniente dallo Stato stesso sotto revisione, per l’analisi e la formulazione di politiche a favore dei diritti umani sotto l’egida del Consiglio)
Il testo dell’intervento di al-Maskati si può leggere qui.
17 ottobre 2012