Nessuna Primavera per il Bahrain

Il termine Primavera Araba è stato utilizzato fin dal suo inizio per indicare una serie di esperienze differenti tra loro, spazianti dalla lotta a corrotti raìs fino a guerre civili più o meno sostanziali. Nel caso del Bahrain è invece corretto parlare di Autunno e possiamo individuarne rapidamente i motivi.

 

L’AUTUNNO DEL BAHRAIN – Le enormi proteste popolari avvenute nel Paese a maggioranza sciita e dirette contro la famiglia reale della dinastia Khalifa, sunnita, sono state fin dal loro inizio, nella Primavera del 2011, represse brutalmente dalle forze di sicurezza del Paese. Successivamente la famiglia reale ha fatto appello al Concilio di Cooperazione del Golfo, unione politico-economica che vede il Paese associato a Oman, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Il Concilio ha inviato forze di polizia e militari che hanno represso nel sangue le proteste, evidenziando da una parte il forte timore dei sommovimenti popolari che alberga tra le famiglie regnanti nel Golfo, e dall’altra assestando un duro colpo all’Iran accusato di appoggiare la rivolta dei propri correligionari.

Nel caso del Bahrain, i Paesi dell’ Area hanno sostanzialmente dimostrato che nel caso di focolai di rivolta nel loro territorio non si limiteranno a supportare una determinata fazione con armi o finanziamenti, come ad esempio nel teatro siriano e non solo dal punto di vista militare. La copertura del network panarabo Al Jazeera riguardo agli eventi in Bahrain ha dimostrato che l’emittente qatariota, pur rappresentando una voce estremamente valida nel panorama mediatico globale, è anche uno strumento del soft power della famiglia Al Thani. Blogger ed attivisti come Maryam Al Khawaja hanno esercitato in questo contesto un ruolo fondamentale nel presentare al mondo quanto stava avvenendo nel Paese attraverso Twitter. Il responso della Bassiouni Commission, instaurata dal sovrano Hamad il 29 Giugno 2011 allo scopo di investigare sugli eventi turbolenti nel Paese verificatisi tra febbraio e marzo 2011, finì per indicare l’ utilizzo di torture e altre violazioni dei diritti umani da parte delle autorità, confutando inoltre la tesi che vedeva le proteste come sollevate dall’Iran sciita. In ogni caso, nonostante la repressione e gli arresti di blogger, medici e attivisti per i diritti umani, nel luglio 2013 i movimenti di protesta hanno cominciato a riorganizzarsi.

 

Hamad-Bin-Isa-Al-Khalifa

Hamad Bin Isa Al-Khalifa

LA RIBELLIONE DEL 14 AGOSTO – Ispirati, tra l’ altro, anche dal movimento di protesta sorto contro i Fratelli Musulmani al governo in Egitto, il 14 Agosto di quest’anno ha avuto iniziato il Bahrain Tamarod, ribellione del Bahrain, in concomitanza con il 42° anniversario della indipendenza del paese e oltre due anni dopo l’ inizio delle proteste nel Paese. Il movimento, con l’aspirazione di giungere a un “libero e democratico Bahrain” si è presentato come non settario, non violento e con una diffusione nazionale, non evidenziatasi però in modo radicale nella capitale Manama. Si sono viste circa 60 proteste di massa in tutto il Paese  con attivisti e blogger che sono riusciti a diffondere resoconti delle proteste. Il movimento in questo caso non ha rappresentato le stesse problematiche del 2011 per la famiglia regnante, ma nonostante ciò lo stile della risposta governativa si è mantenuto in linea con quanto avvenuto in passato. La ribellione del 14 Agosto è il preludio a una nuova stagione di proteste di massa?

 

GLI ATTORI IN CAMPO- Nel caso del Bahrain la tensione è di certo alta, nonostante aleggi ancora l’intervento congiunto del 2011 nel Paese; un ritorno di future proteste potrebbe incoraggiare focolai più estesi e inevitabilmente mettere a rischio lo status quo, per l’ interesse diretto o indiretto del vicino Iran. Se nuove rilevanti proteste avessero luogo, un ulteriore intervento militare e poliziesco sarebbe la prima opzione sul tavolo.

L’ Iran del nuovo presidente Hassan Rohani è però al momento impegnato nel ricercare una maggiore cooperazione internazionale per il suo programma di nucleare civile e il Bahrain non occupa un ruolo fondamentale nella sua agenda corrente. Gli Stati Uniti guardano con attenzione a tutti gli sviluppi nella regione, ben consci di non avere più la capacità di intervenire militarmente nell’ area, considerando gli altri rischi e costi che una simile operazione militare comporterebbe. In considerazione del fatto che il Bahrain ospita la Quinta Flotta della Marina Statunitense, l’amministrazione Obama plausibilmente auspica in un intervento del Concilio dei Paesi del Golfo nel caso in cui il disordine travolga ancora il paese. Il valore strategico del Bahrain è fondamentale per Washington e un cambio di regime creerebbe situazioni imprevedibili. In sintesi, il simposio generale delle forze in campo è nella sua maggioranza ostile alle prospettive di Primavera del Bahrain.

 

NUOVE PROTESTE IN VISTA? – Il movimento di protesta si è dimostrato come rinvigorito, seppur lontano dai fasti del 2011. Non si può ancor dire con certezza se nei prossimi mesi vedremo eventi pari a quelli della Primavera del 2011 a Manama ed altrove, ma ciò che è certo è che nuovi tentativi di protesta verranno probabilmente praticati nel prossimo futuro, nonostante gli scarsi margini di manovra che questi rischiano di avere nel contesto attuale.

 

Angelo Boccato

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