“In Bahrain sono state scritte pagine nere della storia recente e i responsabili devono pagare, non essere promossi”.
A parlare così è Sayed Alwadaei, direttore del Bahrain Institute for Rights and Democracy. Sono passati esattamente cinque anni dalle proteste di piazza della Perla, dal clamoroso Gran Premio di Formula Uno annullato a Manama, la capitale dell’arcipelago del Golfo.
Oggi si torna a parlare di quelle manifestazioni in vista dell’elezione del nuovo numero uno della Fifa, in calendario a Zurigo il 26 febbraio. La lunga era di Sepp Blatter sta per terminare tra gli scandali e il successore dello svizzero, dato al momento in vantaggio sul segretario Uefa Gianni Infantino, potrebbe essere Salman Bin Ibrahim Al-Khalifa.
Lo sceicco bahrainita, membro della famiglia reale, è stato presidente della federcalcio bahrainita e oggi guida l’Asian Football Confederation. Il suo continente si è espresso a suo favore, negli scorsi giorni anche l’Africa gli ha offerto compatta l’appoggio.
Sembrano contare poco le accuse che da anni muovono nei suoi confronti le ong, come quella di Alwadaei. “Nel 2011 la gente si sollevò in Bahrain: la Primavera Araba era approdata sull’isola. La repressione del regime fu feroce, fra i tanti che furono puniti non mancarono gli atleti. In Bahrain tra febbraio e marzo si mobilitò tutta quanta la popolazione e molti sportivi scesero in piazza. L’isola è piccola e non si può scappare, disse minaccioso a aprile il principe Nasser. Oltre 150 atleti furono detenuti per mesi, umiliati, ebbero la carriera distrutta”.
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Tra loro, si legge in un report di Human Rights Watch intitolato Il sangue del popolo che non ha collaborato, giocatori di pallavolo e tennis tavolo, oltre che calciatori della nazionale. I nomi più noti sono quelli del portiere Ali Saeed e soprattutto di Mohammed e Ala’a Hubail. 73 apparizioni internazionali e 29 gol non bastarono a Ala’a, interrogato in diretta tv e ostracizzato dal mondo del pallone.
“Scrive l’agenzia ufficiale Barhain News Agency che il principe Nasser affidò allo sceicco il compito di individuare i tesserati coinvolti nelle proteste. I ragazzi che indicò alle autorità furono fermati e torturati, inoltre Salman sospese i club che avevano osato chiedere di interrompere il campionato per motivi di sicurezza” dice Alwadei.
Salman Bin Ibrahim Al-Khalifa nega ogni addebito. «Le accuse sono false: il comitato non è mai stato stabilito formalmente e non esistono attività a esso riconducibili» si legge in una nota diffusa dai suoi legali nei mesi scorsi.
Ma secondo le ong lui è compromesso, con lo sceicco Salman al potere “sarebbe la fine della Fifa”.
Riascolta l’intervista a Sayed Alwadaei, direttore del Bahrain Institute for Rights and Democracy, a Olio di Canfora.
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