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Finora gli Stati Uniti avevano limitato i loro raid aerei contro l’IS alle roccaforti presenti nel territorio iracheno. L’Iraq, sebbene diviso da conflitti interni tra sciiti e sunniti, ha richiesto il supporto militare della comunità internazionale. Pertanto l’intervento degli USA può facilmente essere giustificato sulla base della legittima difesa collettiva disciplinata dall’articolo 51 della Carta dell’Onu.
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Ben diverso è il caso della Siria, afflitta da tre anni da una cruenta guerra civile che non sembra avere fine. Per lungo tempo gli Stati Uniti hanno contestato la legittimità del Governo guidato da Assad, definendo le ultime elezioni che lo hanno visto vincitore una “farsa”. È interessante notare che del recente attacco contro la Siria è stata data apposita comunicazione al Governo siriano, un fatto reso noto dalla stessa amministrazione americana. Questo riconoscimento, a quanto pare, sembra identificare il Governo legittimo della Siria con quello guidato dal Presidente Assad. Nelle scorse settimane il leader siriano, unitamente ai portavoce di Cina e Russia, ha più volte ribadito che un attacco non autorizzato contro la Siria sarebbe stato considerato un atto di aggressione. È evidente che Assad non aveva alcuna intenzione di autorizzare l’attacco né ha richiesto alcun intervento da parte degli Stati Uniti o dei loro alleati. Da ciò ne deriva che l’intervento in Siria non può essere giustificato applicando il principio della legittima difesa collettiva.
Una possibile alternativa potrebbe essere quella di giustificare l’attacco facendolo rientrare nella categoria degli interventi di carattere umanitario. Il ricorso a questi interventi da parte di numerosi Stati avrebbe determinato, secondo una parte della dottrina, la formazione di una norma consuetudinaria che a sua volta avrebbe determinato la creazione di una nuova eccezione al divieto di ricorrere alla forza. Il problema è che non solo questo divieto è considerato un principio di ius congens, cioè una norma di diritto internazionale a cui non si può in nessun modo derogare, ma la prassi degli Stati negli ultimi anni ha dimostrato che essi non hanno alcuna intenzione di riconoscere ulteriori eccezioni al divieto di ricorrere alla forza. In ogni caso si tratta di una tipologia di intervento la cui legittimità e portata è decisamente controversa, pertanto Obama difficilmente potrà giustificare il suo attacco su queste basi.
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Stando così la situazione e data l’assenza di una qualunque risoluzione autorizzativa del Consiglio di sicurezza, che verrebbe sicuramente bloccata a causa del veto posto da Cina e Russia, l’attacco di Obama contro la Siria rischia di inserirsi in quella oscura categoria di interventi (tra cui occorre considerare senza dubbio la guerra in Afghanistan o la Seconda guerra del Golfo) che non trovano alcuna legittimità nel diritto internazionale, nonostante i vari tentativi degli Stati Uniti di giustificarsi invocando l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.
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