Tensioni fra i membri del Consiglio del Golfo

A seguito del concitato incontro tenuto a Riad nella tarda serata di martedì, che il quotidiano ‘Al Arabiya’ non ha esitato a definire ‘tempestoso’, Arabia Saudita, Bahrain ed Emirati Arabi Uniti, hanno, questa mattina, richiamato i loro ambasciatori in Qatar. Il vertice si è svolto nell’ambito del Consiglio di Cooperazione del Golfo, che ,oltre i quattro stati in tensione, comprende Oman e Kuwait. Il Consiglio, fondato nel 1981, ha scopi essenzialmente economici ed è stato istituito con l’obiettivo di creare una rete di scambi economico-commerciali all’interno del circuito del Golfo.

Le questioni politiche sono raramente affrontate, ma lo statuto dell’Organizzazione prevede l’obbligo di non sostenere in alcun modo partiti che possano rappresentare una minaccia per la stabilità o la sicurezza degli altri membri del Consiglio. Dallo scorso anno l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani, è posto al centro di incontri con rappresentanti degli altri cinque stati membri: a novembre, ad esempio, il precedente meeting con l’emiro del Kuwait ed il Re saudita, che chiedevano un taglio netto del sostegno qatarino all’organizzazione Muslim Brotherhood, bandita in gran parte dei dei paesi del Golfo.

In un comunicato diffuso da Saudi Press Agency  ‘ la scelta, forte, di richiamare gli ambasciatori sarebbe quindi motivata dalla necessità di tutelare stabilità e sicurezza, e sarebbe stata presa al fine di indurre il Qatar a predisporre le misure adeguate per garantire serenità agli stati membri dell’ Organizzazione.

La visione diametralmente opposta che separa i due fronti, non è da considerarsi preventiva, in visione di possibili futuri problemi, ma ha già determinato episodi caldi su entrambi i lati: nella giornata di mercoledì un gruppo per la tutela dei diritti, ha rilanciato la causa di un cittadino del Qatar, Mahmoud al-Jaidah, arrestato al suo ingresso negli EAU il 26, febbraio 2013 per i suoi collegamenti con il gruppo fondamentalista al-Islah, ideologicamente vicino alla Fratellanza, per cui è stato condannato a sette anni di carcere. Negli ultimi mesi, 30 cittadini, fra emiratini ed egiziani, hanno visto combinarsi pene fra i tre mesi ed i cinque anni dopo essere stati accusati di legami col braccio internazionale dei Fratelli Musulmani, per i quali avrebbero sottratto informazioni in ambito di sicurezza nazionale.

Il processo in questione, dopo il monitoraggio da parte di Amnesty International, è stato definito inattendibile e pieno di irregolarità, inoltre sono stati avanzati sospetti di maltrattamento e tortura degli imputati, secondo quanto riportato da BBC News. Le autorità hanno negato qualunque responsabilità riguardo maltrattamenti ed ordinato esami medici sugli imputati. Il Qatar, da parte sua, ha sempre sostenuto e finanziato l’organizzazione, esprimendo pieno consenso all’ex Presidente egiziano Morsi, anche durante i disordini seguiti alla sua deposizione. Al contrario gli Emirati Uniti, oltre ad aver perseguito con mano ferma gli episodi interni, hanno accolto ed incoraggiato il nuovo governo egiziano seguito agli scontri degli ultimi mesi, promettendo aiuti per tre miliardi di dollari.

Le scelte di Abu Dhabi e degli altri emirati, in accordo con la visione dei partner statunitensi, sono chiaramente un meccanismo di tutela, volto a rendere impossibile sul proprio territorio la nascita di opposizioni di massa che, dopo il 2011, potrebbero determinare instabilità nei piccoli regni del Golfo, che alla ricchezza di risorse, alla totale assenza di tasse, ed alla stabilità derivatane, devono la loro duratura crescita economica.


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