La “continua interferenza dell’Iran negli affari interi” e spinte verso una “sedizione confessionale”: sono i due motivi che hanno indotto il 1° ottobre l’emirato del Baharain retto dal re Ḥamad bin ʿĪsā Āl Khalīfa a richiamare l’ambasciatore da Teheran ordinando al rappresentante diplomatico iraniano di lasciare il Paese entro 72 ore.
Il Bahrain è una monarchia del Golfo retta da una dinastia sunnita in un Paese in cui la maggioranza della popolazione (almeno il 60-70%) è sciita, che da tempo chiede cambiamenti costituzionali e maggiori diritti sociali ed economici. Nel 2011 sulla scia delle primavere arabe, vi sono state sommosse che il re del Bahrain ha represso solo grazie all’intervento di truppe del Gulf Cooperation Council inviate da Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti .
Il Bahrain accusa di continuo Teheran di “immischiarsi negli affari interni” e di sostenere “atti di sabotaggio e terrorismo” nel Paese, ma molti analisti affermano che le accuse contro Teheran sono una scusa per non affrontare le riforme richieste, avanzate non solo dalla maggioranza sciita, ma anche dai sunniti.
Due giorni fa la polizia ha scoperto un deposito di armi e munizioni nella cittadina di Nuwaidrat a maggioranza sciita. Alcune persone sono state arrestate e accusate di essere in contatto con l’Iran e l’Iraq.
A Riad temono che l’interesse iraniano per il Bahrain non ia legato solo alla forte componente sciita ma anche al ruolo strategico che ricopre l’isola dove regna la dinastia degli al-Khalifa e che a Manama ospita anche la base della 5a Flotta statunitense e una nuova base navale britannica.
La nuova crisi pare destinata ad alimentare l’attrito tra le monarchie sunnite del Golfo e l’Iran già ai massimi livelli per i conflitti in Siria e Yemen.