I parlamentari europei hanno anche esortato re Shaykh Hamad bin Isa al-Khalifa a liberare un detenuto che rischia di essere giustiziato per aver confessato un (presunto) crimine “sotto tortura”. Lo scorso novembre Human Rights Watch denunciò le violazioni “sistematiche” dei diritti che hanno luogo nel Paese
della redazione
Roma, 5 febbraio 2016, Nena News – Con una risoluzione passata ieri, il parlamento europeo ha condannato l’uso della tortura e della pena di morte nel Bahrein e ha chiesto a re Sheykh Hamad bin Isa al-Khalifa di liberare un uomo su cui pende l’esecuzione della pena capitale “perché avrebbe confessato il presunto crimine commesso sotto tortura”.
Mohammed Ramadan è una guardia aeroportuale di 32 anni arrestata il 18 febbraio 2014 perché ritenuta responsabile di un attacco bomba in cui ha perso la vita un membro delle forze di sicurezza locali. Ramadan, insieme ad Husain Ali Mossa, ha confessato in un primo momento il crimine, ma, in seguito, ha cambiato la sua versione dei fatti dichiarando di averlo ammesso solo perché sottoposto a tortura.
“Oggi il Parlamento [europeo] condanna fermamente l’uso continuo della tortura da parte delle forze di sicurezza [bahreinite] e l’applicazione di leggi anti-terrorismo che mirano a punire i cittadini per il loro credo politico” si legge in un comunicato ufficiale. La risoluzione, di cui è coautore il parlamentare europeo scozzese Alyn Smith, è “un forte messaggio ai nostri amici in Bahrein per dire che crediamo che il Paese possa muoversi nella giusta direzione”. La proposta passata ieri è stata accolta con favore dalle organizzazioni umanitarie del Bahrein che, tuttavia, continuano a mantenere alta l’attenzione sul caso Ramadan: l’ex guardia, infatti, ha esaurito tutte le vie legali per appellarsi alla sentenza capitale e rischia, pertanto, di essere giustiziato a breve.
Quanto denunciato ieri da Bruxelles non è una novità. Lo scorso settembre la Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite aveva evidenziato le mancanze del governo di Manama nella tutela dei diritti umani. A novembre, poi, un rapporto di Human Rights Watch (Hrw) sottolineava come l’uso della tortura nelle carceri e nelle caserme del Bahrein fosse “sistematico”. Molte confessioni – ha scritto Hrw – sono estorte con la tortura (privazione del sonno, costrizione fisica, elettroshock, abusi sessuali) nonostante fossero state istituite varie commissioni che avrebbero dovuto monitorare la situazione dei diritti umani nel regno. All’indomani delle rivolte del 2011, re Hamad creò la Commissione indipendente d’inchiesta (BICI) che denunciò un “uso eccessivo della forza” da parte della polizia nei confronti dei detenuti. Successivamente Manama ha formato altre commissioni per porre fine alla pratica della tortura in carcere, ma ad oggi, secondo lo studio di Human Rights Watch, non si sono registrati miglioramenti degni di nota.
Nel febbraio del 2011 anche il Bahrein è stato toccato dal vento delle rivolte arabe. Migliaia di bahreniti si radunarono in Piazza della Perla, nella capitale Manama, per chiedere maggiori aperture democratiche al re Hamad bin Isa al-Khalifa. Tra i manifestanti c’erano principalmente gli sciiti – la maggioranza della popolazione in un regno governato da una dinastia sunnita – che invocavano una maggiore partecipazione politica e lamentavano discriminazioni. Ma le loro istanze furono duramente represse da Manama con l’aiuto (marzo 2011) delle forze militari e di polizia del Consiglio di Cooperazione del Golfo, organismo dei Paesi del Golfo dominato dall’Arabia Saudita. Una repressione, quella architettata con Riad, che non ha fatto e fa scalpore in Occidente e che ha portato all’arresto di centinaia di attivisti, esponenti di movimenti politici, religiosi, manifestanti dell’opposizione. Senza poi dimenticare i “desaparecidos” di cui si sono ormai completamente perse le tracce.
Le violenze e le violazioni dei diritti umani sono ben note all’Unione Europea e agli Stati Uniti, ma non destano molto clamore presso le cancellerie occidentali: il Bahrein è uno stretto alleato dell’Occidente in chiave anti-iraniana. Ospita la V flotta degli Stati Uniti e, di recente, anche una base militare britannica. Nena News
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